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ATEX e caratterizzazione delle sostanze: test su polveri plastiche.

ATEX e caratterizzazione delle sostanze: test su polveri plastiche.

Per valutare se una sostanza possa determinare un rischio esplosione, e dunque se siano applicabili le direttive ATEX, si devono eseguire prove di laboratorio, a meno che le caratteristiche non siano già disponibili in un database.

Eppure, le condizioni di esecuzione del test influenzano i risultati, che, quindi, non sono direttamente applicabili alla valutazione di rischio; la loro applicabilità immediata è infatti possibile solo per il dimensionamento dei sistemi di protezione degli impianti.

A nostro parere, quindi, non basta il "pezzo di carta" che di per sé contiene dati “freddi”; è l'interpretazione, cioè l’intelligenza umana, che, partendo dal comportamento osservato, permette di prevedere come le caratteristiche della sostanza possano determinare un rischio nel contesto in cui la sostanza verrà utilizzata. Questa capacità di estrapolazione permette di anticipare criticità nascoste prima che possa verificarsi un incidente, criticità che un’analisi statistica non riesce ad anticipare proprio perché ha necessità di una casistica incidentale per definire una legge di distribuzione statistica.

Abbiamo fatto eseguire test di screening su polveri plastiche tramite un laboratorio certificato.

E questo è un primo aspetto dirimente: il test deve essere condotto da un laboratorio accreditato. La struttura organizzativa del laboratorio accreditato, infatti (come minimo deve essere dotato di un sistema di qualità riferito a metodi e procedure conformi alla UNI EN ISO 17025, “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura” nonché metodi, procedure ed attrezzature conformi alla ISO IEC 80079-16) è garanzia di oggettività e ripetibilità del dato.

Questo insieme di regole stabilisce il criterio per definire se la sostanza, sia essa polvere esplosiva (cioè di dimensioni inferiori a 500mm) o pulviscolo esplosivo (cioè di dimensioni superiori a 500mm) come definiti dalla ISO/IEC 80079-20-2:2016, Explosive atmospheres - Part 20-2: Material characteristics - Combustible dusts test methods, possa dar luogo a miscele esplosive.

Il test prevedeva l’innesco mediante:

  • arco elettrico continuo;
  • filo caldo
  • autoclave da 20 litri (sfera di Siwek).

Sia nel test con arco elettrico, sia nel test a filo caldo la polvere viene sospesa in aria attraverso un getto di aria e, dopo un ritardo dell’ordine delle decine di milli secondi che permette alla polvere di disperdersi uniformemente nel volume, si attiva l’innesco.

Come era prevedibile, i test sul campione tal quale e quello sulla frazione fine hanno dato risultati diversi: il secondo innesca più facilmente. Il campione tal quale, infatti, esplode solo ad alte temperature, mentre quello con solo le parti più fini, pur richiedendo una massa minima di 0.1 grammi, esplode anche a basse temperature.

Nella valutazione di rischio, quindi, occorre considerare attentamente se nel trasporto possa manifestarsi una separazione della parte fine. Ciò può succedere, ad esempio, se il percorso delle tubazioni ha molte curve dove il cambio di direzione possa far sedimentare le parti più grossolane, lasciando nel flusso solo quelle più fini. Un criterio di sicurezza, quindi, potrebbe essere ad esempio quello di utilizzare come parametro di allarme la velocità dell’aria: al di sotto di un certo limite di sicurezza, infatti, vi è la possibilità di separazione e quindi occorre interrompere l’alimentazione della polvere.

Importante per la caratterizzazione è anche l’energia rilasciata nell’esplosione perché la soglia minima di pressione deve essere tale da attivare i dispositivi di sfogo.

Se invece stiamo esaminando la sicurezza di locali e non di impianti occorre studiare come la polvere si disperde nell’ambiente, se possa manifestarsi separazione di parti fini e valutare in qualche misura, lo spessore dello strato che si forma. La polvere, infatti, manifesta un comportamento particolarmente insidioso: un piccolo innesco, infatti, può sollevare altra polvere depositata che a sua volta esplode aumentando man mano la quantità di polvere coinvolta e propagare fino ad interessare l’intero locale e far esplodere tutta la polvere presente. In base a questa considerazione ed ai risultati delle prove di laboratorio, se ne deduce che è importante individuare, ad esempio, eventuali zone con presenza di strati di polvere fine che, innescando già a temperature basse, risulta pericolosa anche con inneschi di energia contenuta.

Sono graditi commenti e considerazioni sull’argomento.

Se


Antonio Fidelibus - esperto di ATEX

Con una profonda passione per i fenomeni fisici del fuoco e delle esplosioni ed un'esperienza pluridecennale nel settore dell'ATEX, Antonio Fidelibus sta contribuendo significativamente all'innovazione della sicurezza contro le esplosioni. Inventore del simulatore di esplosioni, ha messo a punto il metodo RPM, approccio speditivo al calcolo di sovrapressioni e radiazione termica. Nell'ambito di ATECOS srl è responsabile scientifico e si occupa di test di esplosioni, applicazioni del metodo RPM e divulgazione scientifica.